martedì 2 febbraio 2010

Ricordi di un viaggio durato 23 ore

Una fredda mattina di Gennaio, domenica 31 per la precisione. Guardo la sveglia al mio fianco: 7:30. Fuori nevica e ci sono già cinque buoni centimetri di bianco a coprire ogni dove..

Mi dirigo verso il check-in, confusione ovunque intorno a me, parenti che salutano, gente con valigie. Io ne ho due davvero grandi con me, più il bagaglio a mano e la borsa del PC. La guardia aeroportuale mi sorride e mi dice che poiché sono uno con tante valigie, a me toccherà l'onore di essere perquisito dai cani anti-terrorismo: sorrido di ricambio, e guardo l'orologio da parete sopra di me. Segna le 10:05

Trasmettono un film con Matt Damon. Mi chiedono se voglio cannelloni o risotto alla milanese per pranzo, il secondo piatto sarà del pollo con insalata, niente male la Delta Airlines, se aggiungi un cuscino e una coperta soffice. Una fila da due verso il finestrino, in mezzo posti da quattro, a destra altra fila da due, nessuno accanto a me. Film, rivista, pranzo, the caldo. Poi altri 2 film, spuntino, coca cola, noccioline e altro the caldo. Le ore passano, leggo qualcosa su Dubai e Abu Dhabi, tanto petrolio e parlano di una città autosostenibile con pannelli solari ed energie alternative, il tutto coordinato dal MIT: Masdar City


Venezia 11:50, New York 15:30. Ma con un fuso orario di -5 ore. Significa che in Italia sono le 21:30 e mi viene fame, anche se fuori il sole splende e gli aerei sfrecciano dietro al vetro del terminal 3, sopra ad un asfalto color grigio chiarissimo, reso biancastro dal freddo: -10°C
Sei ore di attesa, senza nulla da fare, decido di cenare con un pezzo di pizza. Ad ogni porta che dà sull'estero, ma dalla quale è vietato poi rientrare, in piedi vi è un poliziotto di guardia. Sono rimasto 6 ore a gironzolare in un aereoporto enorme come il JFK di New York, e le guardie erano sempre li, sempre le stesse. Che lavoro noioso.

Attorno a me personaggi che ho visto nei film, amish portano lunghe barbe brizzolate, sono vestiti eleganti con camicia bianca e giacca e pantaloni neri, scarpe lucide e un cappello con una tesa larga, sembrano agricoltori inglesi dell'ottocento. Sono tantissimi, ne avrò contati oltre quaranta, ma non tutti assieme, in gruppetti da due o tre, con valigie vecchie ma iper tecnologici: ipod alle orecchie oppure intenti a leggere il loro ebook preferito sul supporto reader ultrapiatto.



New York 21:00, Boston 22:30. Ho sonno, forse perché il mio corpo crede che siano le 4 e mezza del mattino, ora Italiana? Aereo piccolo, davvero: fila da due a sinistra, fila da due a destra, corridoio così stretto che si passa di lato, accanto a me un amish ENORME ascolta la sua musica e si toglie le scarpe, fuori è notte, credo di essermi addormentato per qualche minuto, o forse per mezz'ora. Il viaggio in aereo più corto mai fatto, l'aereo ha volato sull'acqua e sembrava fosse molto basso, così basso che le luci della città a fianco non erano tutte visibili, si accavallavano come se fossero alla nostra stessa altezza.



Chiamo un taxi, sono carico di valigie. 'Where you wanna go, maaan?' si gira un tipo nero al cellulare. Ha un iphone, tutti qui ne hanno almeno uno. Quasi tutti. E' molto usuale vedere gruppetti di ragazzi che si scambiano il numero, e tutti lo hanno, come fosse una penna biro.
..'40, Berkeley Street'. Il tassista mi dice che conosce la strada, mi chiede se vado al Berkeley Residence, mi affretto a dirgli di si, e partiamo. 38 $ più mancia di 5 dollari. Un ostello onesto, pago 35 $ al bancone e porto su le valigie, fuori dall'ascensore un cartello indica: a destra camere per le ragazze residenti, a sinistra ospiti. In corridoio alcune ragazze giocano a un gioco di società sedute sulla moquette, e ridendo mi salutano, una dice 'How you doing?' e qualcun'altra 'Good night'.

Fuori fa freddo, dentro la mia camera fa così tanto caldo che quando si accende la luce l'interruttore è sistemato in modo da far partire anche l'enorme ventilatore da soffitto. Socchiudo la finestra, niente da bere e nessun posto dove comprare acqua, ottimo. Fuori dalla porta dopo un po' tutto tace, guardo l'orologio, mezzanotte in punto. Che ora sarà in Italia? Le 6 del mattino. Sono 23 ore che cammino, tiro valigie, mi siedo, guardo fuori dal finestrino, parlo, mangio, guardo cartelli, ascolto annunci, aspetto le valigie sui nastri, cerco uno sportello informazioni per sapere se rifare il controllo al metal detector, annusato da cani, perquisito da uomini enormi in uniforme scura con attaccato al petto lo stemma scintillante della polizia.. 23 ore no stop.

2 commenti:

Paolo ha detto...

wow... cow boy :-D

Filippo ha detto...

"..L'uomo in nero fuggì nel deserto, ed il pistolero lo seguì.." S.K. :D